Osteocondrosi
INTRODUZIONE
Le osteocondrosi sono un gruppo di patologie di interesse ortopedico che colpiscono le estremità delle ossa in accrescimento, in corrispondenza delle cosiddette “cartilagini di accrescimento”, ovvero nei giovani pazienti prima del termine dello sviluppo fisico.
La causa è sconosciuta, l’ipotesi più accreditata è che possa essere dovuta ad un insufficiente apporto di sangue che determina una necrosi cellulare della componente ossea e cartilaginea, spesso associata ad un’eccessiva azione traente esercitata dalle inserzioni muscolari. Teoricamente tutte le estremità dello scheletro in fase di crescita possono essere interessate da una osteocondrosi, tuttavia le sedi più colpite sono le inserzioni dei grandi gruppi muscolari (es. il quadricipite sulla tuberosità tibiale tramite il tendine rotuleo) dove l’osso in accrescimento è meno resistente. L’età di insorgenza è compresa tra i 4 ed i 14 anni, sono particolarmente a rischio i soggetti sportivi proprio perché sottopongono la cartilagine di accrescimento a maggiori sollecitazioni per l’azione di masse muscolari ben sviluppate. La manifestazione clinica caratteristica è rappresentata dal dolore e, a seconda della localizzazione, da tumefazione.
Le osteocondrosi più comuni sono: il morbo di Osgood-Schlatter che coinvolge la parte superiore della tibia, il morbo di Legg-Calvé-Perthes che colpisce l’estremità prossimale del femore, il morbo di Sever-Blanke che interessa la porzione posteriore del calcagno ed il morbo di Scheuerman a livello dei corpi vertebrali.
In generale, tutte le osteocondrosi possiedono un decorso relativamente benigno e lento, caratterizzato dalla regressione spontanea del processo necrotico e dalla ripresa della normale ossificazione, tuttavia talvolta possono residuare deformità più o meno invalidanti.
MORBO DI OSGOOD-SCHLATTER
È la più frequente tra le osteocondrosi, colpisce la tuberosità tibiale anteriore in corrispondenza della parte superiore della tibia. In tale sede si inserisce, attraverso il tendine rotuleo, il muscolo quadricipite femorale che, contraendosi, esercita una trazione notevole su una zona con una ridotta resistenza meccanica. La patologia si manifesta tra gli 8 ed i 14 anni, interessa più frequentemente il sesso maschile ed è spesso bilaterale. Si presenta clinicamente con dolore anteriore al ginocchio e tumefazione locale. La sintomatologia si accentua dopo attività sportiva e può causare zoppia, mentre migliora con il riposo. All’esame obiettivo si provoca viva dolorabilità alla pressione sulla tuberosità tibiale anteriore ed all’estensione contro resistenza del ginocchio. L’esame radiografico mette in evidenza l’area di sofferenza nel nucleo di accrescimento della tuberosità tibiale, ma può essere totalmente negativo specie nelle fasi iniziali della malattia. Nella maggior parte dei casi, l’evoluzione della malattia è verso la guarigione spontaneaentro 6-12 mesi. Il trattamento consiste principalmente nella sospensione di ogni attività sportiva; può essere utile la crioterapia e gli anti-infiammatori locali per ridurre la sintomatologia dolorosa. Solo se il dolore è particolarmente accentuato, ed il quadro radiografico e clinico particolarmente avanzato, può essere indicato il confezionamento di un apparecchio gessato (o tutore) per 2-3 settimane al fine di mantenere il quadricipite a riposo. Una possibile complicanza, peraltro estremamente rara, è rappresentata dal distacco della tuberosità tibiale anteriore per l’azione traente del tendine rotuleo. Più frequentemente può riscontrarsi, a distanza di anni dall’insorgenza della malattia, la presenza di calcificazioni peri- o intra-tendinee che possono essere più o meno sintomatiche e richiedere un trattamento chirurgico.
MORBO DI LEGG-CALVÉ-PERTHES
Si localizza a livello dell’estremo prossimale del femore. L’affezione può manifestarsi dai 3 fino ai 15 anni, con un massimo di incidenza intorno ai 6 anni. Predilige i maschi rispetto alle femmine e nel 10-15% dei casi è bilaterale. Dal punto di vista clinico è caratterizzata da dolore riferito all’anca e spesso irradiato al ginocchio, lungo la parte antero-mediale della coscia. La sintomatologia inizialmente può essere sfumata, mentre in fase più avanzata si manifesta con zoppia, ipotrofia della muscolatura della coscia e della natica e limitazione dell’articolarità dell’anca colpita. Il dolore si accentua dopo attività fisica. La diagnosi si basa sull’esame clinico e strumentale; in particolare le radiografie mettono in evidenza le varie fasi evolutive della malattia. La durata media del decorso di questa patologia oscilla tra i 18 ed i 24 mesi. Il fattore prognostico di maggiore rilevanza è rappresentato dall’età al momento della diagnosi: al di sotto dei 5 anni la prognosi è generalmente buona, mentre dopo i 10 anni, nella maggioranza dei casi, si instaurano a distanza deformità più o meno marcate della testa femorale. Il trattamento si basa sui controlli clinici periodici, ricorrendo a brevi periodi di sottrazione del carico o all’utilizzo di tutori, solamente durante le fasi sintomatiche della malattia per controllarne il dolore. Il mantenimento del movimento articolare è essenziale per consentire l’apporto nutritizionale alla cartilagine e per favorire il modellamento reciproco tra testa femorale ed acetabolo. Il trattamento chirurgico viene riservato esclusivamente ai casi in cui esiti una deformità, con lo scopo di ripristinare i normali rapporti articolari dell’anca.
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